Catcalling: il rumore di una libertà interrotta

Catcalling: il rumore di una libertà interrotta
Una donna cammina per strada. È un pomeriggio qualunque, ha in mente la lista della spesa, un messaggio a cui rispondere, un po’ di stanchezza addosso. Poi, all’improvviso, un fischio. Un “ciao bella” gridato da un marciapiede. Uno sguardo insistente che le si incolla addosso come una macchia.
Quel momento cambia tutto.
Per chi guarda da fuori, potrebbe sembrare una banalità. Per chi lo vive, è l’ennesimo promemoria che lo spazio pubblico non è mai davvero neutro, né sicuro.
Un gesto piccolo, un impatto enorme
Il catcalling è fatto di piccoli gesti: un fischio, una frase sussurrata o gridata, un clacson suonato senza motivo, un’occhiata che diventa invasione. Sono momenti brevissimi, ma lasciano un’eco lunga.
Perché non si tratta solo di parole: si tratta di potere. Di chi si sente autorizzato a invadere lo spazio e chi, invece, è costretto a negoziarlo ogni giorno.
Molte donne imparano presto a cambiare strada, a indossare le cuffie per fingere di non sentire, a vestirsi “in modo neutro”, a evitare lo sguardo. Tutto per un unico scopo: ridurre le probabilità di essere notate, commentate, disturbate. Ma anche tutto questo, a volte, non basta.
Cosa succede dentro
Dentro, spesso, esplode un vortice di emozioni:
- paura, perché non si sa se quel fischio resterà un suono o diventerà un inseguimento;
- rabbia, per l’ennesima libertà negata;
- vergogna, ingiusta e silenziosa, che nasce dall’essere trasformate in oggetto;
- impotenza, perché anche reagire sembra pericoloso;
- stanchezza, per un copione che si ripete sempre uguale.
Molti uomini faticano a comprendere queste sensazioni, semplicemente perché non le vivono. Non si rendono conto del peso che portano addosso le donne nello spazio pubblico, del modo in cui il corpo viene percepito come terreno aperto al giudizio e all’invasione.
Perché il catcalling non è un complimento
Dire “non prenderla male, era solo un complimento” significa non aver capito. Un complimento ha senso solo se viene accolto, non subito.
Il catcalling invece interrompe, impone, invade. Non è fatto per far sentire bene, ma per affermare uno squilibrio: io parlo, tu ascolti. Io commento, tu sopporti. Io esisto nello spazio, tu lo attraversi in punta di piedi.
Come possiamo cambiare
Il cambiamento non è impossibile, ma richiede coraggio.
- Coraggio di ascoltare chi racconta queste esperienze.
- Coraggio di riconoscersi nelle proprie responsabilità, anche quando fa male.
- Coraggio di educare e farsi educare.
- Coraggio, infine, di non restare in silenzio quando si assiste a queste scene.
Non serve diventare eroi. Serve essere umani.
Una chiusura che lascia il segno
“Non è solo un fischio. È il suono di una cultura che insegna agli uomini a parlare… e alle donne a temere. Ma cambiare è possibile. Si comincia ascoltando.”
La prossima volta che passi accanto a una donna per strada, chiediti: cosa posso fare per non diventare parte del problema?
E se ascolti una storia di catcalling, non rispondere “non è così grave”. Rispondi: “Mi dispiace. Raccontami.”